martedì, dicembre 09, 2008
Lettera della dott.ssa Patrizia Gentilini sugli inceneritori
Gent.mo Collega,
faccio riferimento con questa mia, agli articoli comparsi sui giornali locali il 4 dicembre scorso, di commento all' incontro ad Oste, svoltosi venerdì 28 novembre e promosso dai Comitati contro l' inceneritore.
La ringrazio innanzi tutto per l'attenzione rivolta alle mie parole: rappresenta per me motivo di soddisfazione constatare che le mie affermazioni sono state utili almeno ad aprire un confronto.
Abbiamo inoltre in comune il lavorare ( o l'aver lavorato, come nel mio caso) alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale, le cui finalità non sono solo quelle di curare o conteggiare malati e morti, ma anche , come risulta dall'art.2 della sua legge istitutiva: "la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un'adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità; ... la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro; ....la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro"
Concordo poi con Lei che non è possibile dare dati riferiti alla frazione di Oste, in quanto non disponibili ed in effetti io non mi sono mai sognata di farlo, come potranno confermare i presenti alla conferenza di Oste e chi ha redatto l' articolo sulla Nazione.
Vediamo quindi di valutare i dati (ovviamente quelli ufficiali del CSPO a me disponibili) , in assenza di altri di cui sarei ben felice di prendere visione.
Nel comune di Montemurlo, risultano residenti nel 1985 n°16331 abitanti e nell'anno 2002 n°17916 fra maschi e femmine. Nel quinquennio 85-89, dati CSPO, si registrarono in media 34 nuovi casi per anno di cancro fra i maschi e 21 casi fra le femmine, dal 90 al 94 si registrarono rispettivamente 35 casi fra i maschi e 29 fra le femmine, dal 95 al 99 si registrarono 47 casi fra i maschi e 41 fra le femmine e nel triennio 2000-2002 n°50 casi fra i maschi e 45 fra le femmine.
Sulla base dei dati di popolazione sopra riportati, risulta quindi che, come da me affermato, la popolazione ha subito un incremento inferiore al 10%. Mi sembra indiscutibile che il numero "grezzo" di tumori nelle donne, nel corso di 18 anni sia più che raddoppiato, rispetto ad un incremento di popolazione non certo della stessa entità. Già di per sè questo dato grezzo dovrebbe essere valutato, a mio avviso, con attenzione.
D' altra parte, come non è corretto trarre conclusioni esaustive dall'esame dei semplici dati grezzi dei casi insorti, altrettanto non è corretto trarre conclusioni tranquillizzanti dal confronto dello stato di salute della popolazione di Montemurlo con quello degli altri comuni della Provincia, così come riportato nei media, perché i confronti andrebbero sempre fatti fra popolazioni e territori aventi caratteristiche sovrapponibili. Inoltre il confronto con aree già soggette a numerosissime fonti di inquinamento, come nel caso della Provincia di Prato, non aiuta a fare chiarezza.
Ancora, se analoghi incrementi si sono registrati in altri comuni della Toscana, non è certo un bel segnale e non credo proprio che, in questo caso, il detto "mal comune mezzo gaudio" possa essere di consolazione.
Come Lei ben sa, nell'ultimo rapporto AIRTUM, relativo ai tumori femminili in Italia, si segnala un incremento medio nel nostro paese, indipendente dall' età (depurato quindi del fattore invecchiamento) dell' 1% annuo. Questo incremento non può essere in alcun modo accettato come" fisiologico" o attribuito al solo "stile di vita" (fumo e dieta) specie se valutato unitamente all'incremento di cancro nell'infanzia. Quest'ultimo incremento in Italia è doppio rispetto all' Europa (2% vs 1.1% annuo) e nei primi 12 mesi di vita esso è ben del 3.2% annuo. Credo che nessun cittadino- ed ancor più nessun medico- possa considerare questo come un prezzo inevitabile da pagare al "progresso", anzi proprio questo atteggiamento mentale deve essere fermamente contrastato. Credo che tutti dobbiamo riscoprire l'insegnamento di un grande medico ed un grande scienziato quale Lorenzo Tomatis che si è sempre battuto per la Prevenzione Primaria e divulgare quanto, anche di recente, Devra Davis, epidemiologa Statunitense di fama mondiale, ha messo lucidamente a fuoco nel suo libro "La storia segreta della guerra al cancro".
Comunque, per tornare alle faccende di casa nostra, negli articoli comparsi sugli organi di stampa il Sindaco di Montemurlo sostiene: "solo nelle donne per tumori rari del tessuto molle si rileva un eccesso su poche osservazioni ( 10 casi in 20 anni, sul totale di oltre 1500 tumori nello stesso periodo) ". Immaginiamo si tratti di sarcomi dei tessuti molli, ritenuti, come è ben noto, tumori "sentinella" del multiforme inquinamento prodotto da inceneritori. Poiché la formulazione non è ben chiara, non si comprende se i 10 casi citati sono quelli osservati nelle donne nei 20 anni considerati, o se rappresentano l'eccesso rispetto agli attesi o, ancora, se i 10 casi sono stati osservati complessivamente in entrambi i sessi. Comunque, anche nell' ipotesi più riduttiva, ossia che i casi citati si riferiscano ad entrambi i sessi, l'osservazione di 10 casi in 20 anni non sarebbe certo un dato da trascurare, eccedendo già rispetto all'incidenza media questa patologia estremamente rara (2 casi su 100.000 persone/anno). Se invece i 10 casi si sono registrati solo fra le donne, ovviamente il dato sarebbe sicuramente più allarmante. Sarebbe davvero utile, a questo punto, poter disporre dei dati completi e si auspica che , proprio su questa patologia così importante proprio perché così rara e tipica dell' esposizione ad inceneritori, venga almeno avviato un studio caso-controllo.
Inoltre, è indubbio che se si vuole valutare l'impatto sulla salute di una singola fonte emissiva come l'inceneritore devono essere condotti studi che valutino i livelli di esposizione delle popolazioni in base ad adeguate mappe di ricaduta degli inquinanti scelti come "tracciante"degli impianti ( metalli pesanti, diossine), come effettuato ad esempio nello studio Enhance Health od in quello francese di Besancon.
Non mi risulta che sia stato fatto alcunchè in questo senso per l' inceneritore di Montale in funzione dal 1978 e che ha al suo attivo, numerosi documentati episodi di superamento degli attuali limiti per le diossine, anche prima del 2007. Si ricorda che i pregressi superamenti dei limiti non portarono in precedenza alla sua chiusura solo perché l'impianto usufruiva di deroghe, ma è ovvio che le caratteristiche tossicologiche ed i tempi di dimezzamento delle diossine non si modificano con le deroghe.
Si rammenta poi che in un recente documento della Associazione Nazionale di Epidemiologia (AIE) a proposito dei danni da inceneritori si ammette: " si può concludere che esistono prove convincenti dell' associazione tra l'esposizione alle emissioni degli impianti di vecchia generazione(in particolare a diossine) e l'aumento di frequenza di tumori in alcune sedi".
Credo che nessuno potrà negare che l'impianto di Montale, prima dei più recenti aggiornamenti che comunque non hanno garantito il rispetto dei limiti e l'affidabilità dei sistemi di controllo confermati anche dalle ultime chiusure del 2007 e del 2008, sia un impianto di "vecchia generazione".
Come si può quindi "assolverlo" a priori se nessuna indagine specifica è stata fatta e se tutta la letteratura riconosce ormai unanimemente danni alla salute dai " vecchi impianti"?
E sia ben chiaro che nessuna garanzia può essere data anche per quanto riguarda i "nuovi" impianti, come in tanti documenti e comunicati con tanti altri colleghi abbiamo ribadito, specie per le enormi quantità di particolato ultrafine (<0.1µm) che si produrranno, visto che i migliori filtri consentono di trattenere solo particelle di diametro superiore a 0.8 µm
Comunque, anche in assenza di studi specifici che quantifichino i danni alla salute avutisi per la presenza dell' impianto sulla popolazione di Montemurlo, è altresì innegabile che il Comune di Montemurlo rientra , almeno in parte, nell'area di maggior ricaduta e che nel suddetto comune in 18 anni il numero di tumori nelle donne è più che raddoppiato. Allora la domanda a cui vorremmo risposta è: se non ci fosse stato l' inceneritore di Montale quanti casi in meno di cancro avremmo contato, specie fra le donne, visto che alcuni dei più importanti e recenti studi epidemiologici (Francia, Coriano) indicano i maggiori danni alla salute proprio sul sesso femminile?
In conclusione, se si vogliono tranquillizzare i cittadini non a parole, ma sulla base di fatti concreti si chiede che:
. vengano calcolati i tassi specifici di incidenza di cancro nel comune di Montemurlo negli ultimo 20 anni suddivisi per sesso, classe di età, residenza superiore a 5 anni
. venga effettuata, per i casi di patologie sentinella, la loro georeferenziazione
. che si rendano noti tutti i risultati sui campioni biologici già da tempo effettuati- di cui ci sono state date solo anticipazioni parziali, sommarie e, comunque inquietanti-
. che si avvii una indagine epidemiologica caso-controllo almeno per quanto attiene i sarcomi dei tessuti molli
. che, soprattutto, si realizzi quella ricerca, a suo tempo promessa e sempre rimandata, anche su campioni biologici umani, in particolare che si ricerchino diossine e similari su latte materno in donne primipare, stabilmente residenti e che si sono alimentate anche di prodotti coltivati ed allevati in loco.
Nella speranza di risentirLa e confermandoLe la mia disponibilità per qualunque ulteriore chiarimento, voglia gradire i miei più cordiali saluti.
Dott.ssa Patrizia Gentilini
Medico Oncologo- Ematologo
5 dicembre 2008
venerdì, dicembre 05, 2008
....proprio una bella notizia !!!
Un emendamento del Governo sposta alla fine del 2009 la definizione degli impianti in regola per usufruire del Cip 6, dando così il via libera agli incentivi dedicati alle fonti rinnovabili per gli inceneritori “in costruzione”
di Sergio Capelli
giovedì 04 dicembre 2008 15:34
Erano stati cancellati, non senza difficoltà, dal governo Prodi. Oggi tornano con prepotenza alla ribalta. Sono gli incentivi agli impianti di incenerimento rifiuti del Cip6. Quegli incentivi che, pagati direttamente da tutti i cittadini ogni volta che saldano una bolletta, dovrebbero essere riservati alle fonti rinnovabili.
La finanziaria 2006 del precedente Governo prevedeva che i finanziamenti Cip6 andassero esclusivamente alle fonti rinnovabili, eccezion fatta per gli impianti “operativi” entro il 31 dicembre 2007. Dopo la correzione ad un “refuso” nel testo approvato, il limite venne spostato al 30 marzo 2008. Potevano dunque accedere al finanziamento integrale pochissimi impianti. In prossimità della caduta del Governo Prodi, si diede una deroga per l’impianto di Acerra. Con la caduta del Governo, la legge e le sue scadenze caddero nel vuoto.
Dopo aver stabilito lo scorso agosto che, in deroga alle leggi vigenti, gli impianti previsti in territori “in emergenza rifiuti” potranno accedere integralmente ai finanziamenti del Cip6, il Governo Berlusconi prova oggi a modificare la norma e sposta i paletti: potranno accedere al Cip6 gli impianti “in costruzione” al 31 dicembre 2008.
Interessante la questione relativa agli impianti siciliani: “Si sta cercando di far passare un finanziamento per gli impianti siciliani, senza che questa Regione abbia mai dichiarato lo stato di emergenza – ci dice Alessandro Bratti, membro della commissione Ambiente della Camera – Ci sembra inaccettabile: il Governo vuole per la Sicilia un trattamento “emergenziale” senza pagare lo scotto politico di un’emergenza reale!”
Per tutti gli altri impianti futuri, ci saranno i certificati verdi: finanzamenti per quel che riguarda la componente organica dei rifiuti bruciati (che viene ora inclusa nella normativa delle fonti rinnovabili), quantificata come il 51% del totale incenerito. Tale percentuale sarà soggetta a revisione triennalmente. Si riapre dunque la partita Cip6 in tutta Italia. Ad oggi si attende la conversione in legge del DL.
“Il governo ha presentato sui Cip6 un vergognoso emendamento, che ci auguriamo il parlamento non faccia passare”. Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente “Gli incentivi alle rinnovabili vadano veramente alle fonti pulite – continua Ciafani -. Basta con questo furto, che già ora pesa sulla collettività dai 3 ai 4 miliardi di euro ogni anno, prelevati direttamente dalle bollette elettriche. Estendere a qualsiasi impianto che brucia anche i rifiuti non biodegradabili la possibilità di accedere a questi incentivi è una palese infrazione alla direttiva europea sulle fonti rinnovabili e alla normativa sulla concorrenza. Legambiente ha già presentato ricorso a Bruxelles contro il cip6 ai tre inceneritori in Campania, e certo non esiteremo ora ad allargare la nostra azione contro tutti quegli impianti che usufruiranno dell’ingiusto guadagno elargito dal governo a spese dei cittadini”.
Fonte : http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=10589
martedì, dicembre 02, 2008
'Stop a sgravi ingiusto e dannoso'
ROMA - C'è chi sottolinea l'assurdità dell'effetto retroattivo, chi rimarca la scarsa incisività del risparmio economico ottenuto, chi è preoccupato per la deriva antiambientalista dell'Italia, e chi è costretto a fare i conti di quanto il provvedimento renderà ancora più pesante il già difficile momento economico. La decisione del governo di ridurre drasticamente con il decreto anticrisi la possibilità di sgravi fiscali per gli interventi di efficienza energetica sta scatenando una valanga di proteste.
Fino a ieri la spesa per montare pannelli solari, installare infissi isolanti o cambiare la caldaia ad alto consumo con una più efficiente, poteva essere detratto al 55% dalla dichiarazione dei redditi, ma d'ora in avanti non sarà più così.
Pochi vantaggi per il bilancio. Tra i più critici verso questo cambio di rotta, Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, il cartello di imprese che ha scelto di accettare la sfida dell'innovazione in chiave ambientale. "Le mancate entrate legate al passaggio della detrazione del 36% per le ristrutturazioni edilizie alla detrazione del 55% per gli interventi legati all'efficienza energetica", ricorda in un editoriale per il sito Qualenergia, sono "stimabili in 0,63 miliardi euro nel biennio 2007-8". Quindi, "anche dal punto di vista strettamente economico, il provvedimento comporta un impatto minimo sulle casse dello Stato".
Un volano di sviluppo. In compenso, gli sgravi introdotti dall'ex ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani avevano avviato un processo virtuoso. "La norma - ricorda ancora Silvestrini - stava ottenendo un buon successo come dimostrano i 230.000 interventi realizzati tra il 2007 e il 2008 con riduzioni delle importazioni di combustibili e delle emissioni di CO2".
Industriali sconcertati. Dati confermati da Assotermica, l'associazione che riunisce gli industriali del calore. "Siamo assolutamente contrari a questo provvedimento - afferma il segretario Federico Musazzi - e solleveremo il problema in sede di Confindfustria. Questa manovra è in controtendenza con l'impegno di tutto il mondo in tema di efficienza energetica. E' fortemente negativo anche perché l'ultima Finanziaria aveva appena esteso gli sgravi al prossimo triennio, spingendo le imprese a importanti investimenti. Finora il bilancio della norma è stato infatti molto positivo con un +56% nel settore della caldaie a condensazione (giungo 2007-giugno 2008) e un +42% nei metri quadri di solare termico, dati in controtendenza con altri settori, soprattutto in un momento di difficoltà economica come quello attuale".
L'assurdità dell'effetto retroattivo. Il Wwf, così come hanno fatto molti lettori scrivendo le loro proteste a Repubblica.it, denuncia invece l'effetto retroattivo del provvedimento preso "fuori ogni logica", con il risultato che tutti coloro che hanno già avviato la messa in efficienza della propria casa "non hanno la certezza del rimborso, visto che dovranno sottostare alla verifica dell'Agenzia delle entrate" attraverso un iter burocratico "insostenibile e scoraggiante". Inoltre, lamenta ancora l'associazione ambientalista, la costituzione stessa del fondo istituito per gli eventuali rimborsi ancora in pendenza "è un segnale gravissimo, segno che questo Paese non riesce ad investire illimitatamente in una fonte di energia di sicura rendita economica e ambientale come è l'efficienza energetica".
La denuncia dei consumatori. Commenti negativi alla misura decisa dal governo "in un momento in cui sarebbe necessario incentivare gli investimenti per contrastare la grave crisi attuale", arrivano anche dall'associazione dei consumatori Adiconsum che ricorda come l'azione di Palazzo Chigi sia "proprio il contrario di quanto stanno facendo Germania e Francia che hanno inserito gli incentivi per l'efficienza energetica nei provvedimenti anticrisi".
Solare : stop agli incentivi per l'efficienza
Il decreto anticrisi del governo riduce drasticamente le detrazioni fiscali
ROMA - Il concetto di efficienza energetica si conferma decisamente ostico per il governo. Dopo la battaglia per impedire l'obiettivo del miglioramento del 20% entro il 2020 imposto dalla apposita direttiva dell'Unione Europea e dopo aver cancellato l'obbligo di certificazione energetica nella compravendita degli immobili, Palazzo Chigi ha dato un'altra picconata alle misure per ridurre la bolletta energetica nazionale. Questa volta la misura è contenuta nel recente piano anticrisi approvato dall'esecutivo e va a colpire la possibilità di ottenere vantaggi fiscali in caso di interventi di riqualificazione energetica.
La normativa introdotta un paio di anni fa dall'allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani prevede infatti l'opportunità di detrarre dalla dichiarazione dei redditi il 55% delle spese sostenute, ad esempio, per installare un pannello solare o sostituire un impianto di climatizzazione o cambiare gli infissi alle finestre. Ma ora, con l'entrata in vigore del decreto anticrisi, accedere a questo incentivo sarà molto più difficile.
L'iter per avere accesso alle detrazioni Irpef e Ires diventa decisamente più complesso. Il decreto prevede che per le spese sostenute dopo il 31 dicembre 2007, i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente in via telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi".
Il provvedimento stabilisce ancora che l'Agenzia delle entrate esamini le domande secondo l'ordine cronologico di invio e comunica entro 30 giorni l'esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende non fornito" e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.
Per quanto riguarda invece le spese sostenute nel 2008, in caso di mancato invio della domanda o di diniego da parte dell'Agenzia, l'interessato potrà comunque usufruire di una detrazione dall'imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000 euro da ripartire in 10 rate annuali.
Un cambio di registro rispetto ai buoni risultati ottenuti sino ad oggi duramente criticato dall'opposizione e dalle associazioni ambientaliste. "Lo sconto fiscale del 55% sulle ristrutturazioni edilizie a fini ambientali - denuncia il ministro ombra dell'Economia Pierluigi Bersani - era una tipica norma di sostegno all'economia e all'ambiente secondo priorità universalmente riconosciute dal Protocollo di Kyoto in poi. Anche questo viene vanificato, addirittura con effetti retroattivi. Per stare al concreto, chi ha realizzato l'intervento sulla sua casa nel 2008 potrà rimetterci fino a 15mila euro".
"Lo sgravio fiscale del 55% introdotto dal governo Prodi - ricorda ancora il ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci - è stato utilizzato da 230 mila famiglie e ha messo in moto un volano di affari superiore ai 3 miliardi di euro permettendo di ripagare lo sgravio fiscale previsto, attraverso l'emersione del sommerso e l'attivazione di una nuova economia".
Dura anche la presa di posizione di Legambiente. "Non si comprende - dice il responsabile energia Edoardo Zanchini - la ragione per la quale si è deciso di cambiare un provvedimento che ha avuto un grande successo e che permetteva alle famiglie di risparmiare sulle bollette elettriche e termiche grazie alla possibilità di installare impianti solari termici, caldaie a condensazione, interventi di efficienza energetica. A meno di voler proprio limitare il ricorso a questo tipo di incentivi". (v. g.)
(30 novembre 2008) Tutti gli articoli di Scienze e Ambiente
lunedì, dicembre 01, 2008
MOGLIANO NON MOLLA !!!
Appello promosso dal neonato Comitato per un'alternativa energetica. Si tratta di un testo contro le politiche dell'attuale governo
Il 24 novembre 2008, a Roma si costituirà il Comitato per un’alternativa energetica, basata sulle fonti rinnovabili e il risparmio, anziché su un ingiustificato aumento dei consumi e sull’uso delle fonti fossili e di quella nucleare, come propone il Governo. Berlusconi e il suo esecutivo, nel quadro del progettato rilancio del nucleare, promettono di individuare entro sei mesi i territori destinati ad ospitare le centrali, violando così una precisa volontà popolare espressa con un referendum che a grande maggioranza aveva deciso di chiudere con il nucleare.
Non aspetteremo che siano individuati i siti nucleari per opporci a questa scelta e non lasceremo sole le località che rischiano di subire una decisione antidemocratica, calata dall’alto e per di più militarizzata nell’attuazione.
Sosterremo il diritto delle popolazioni locali a fare valere la loro opinione anche, se necessario, con referendum territoriali, tanto più che costruire nuove centrali nucleari contrasterebbe con l’impostazione dei piani Energetico Ambientali Regionali già approvati. Porteremo in ogni luogo una battaglia delle idee, la controinformazione e per questo sollecitiamo la preziosa collaborazione del mondo scientifico e di quello intellettuale e di quanti possono contribuire in tutte le forme democratiche a sensibilizzare l’opinione pubblica: il nucleare è una scelta che va contrastata e sconfitta nel paese.
A questo scopo diamo vita ad un Comitato attraverso il quale organizzare, insieme a tutti gli altri soggetti associativi che si mobiliteranno sul territorio, il rifiuto popolare di questa tecnologia intrinsecamente insicura e incapace di smaltire i rifiuti radioattivi che produce.
L’obiettivo che ci poniamo è di fare avanzare un’altra proposta di politica energetica basata sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico, la sola scelta che permette di dare energia pulita al paese e contemporaneamente di ridurre le emissioni climalteranti. In linea quindi con gli obiettivi che l’Unione Europea renderà vincolanti nei prossimi mesi: ridurre, entro il 2020, del 20%, forse del 30% i gas serra attraverso un aumento del 20%, sia dell’efficienza energetica che delle fonti rinnovabili, mentre il Governo Berlusconi sta apertamente boicottando gli orientamenti europei rispetto al raggiungimento dell’autonomia energetica e del sostegno agli obiettivi di Kyoto.
Sono questi parametri i punti di riferimento di un nostro Piano Energetico Nazionale, la cornice entro la quale iscrivere le singole azioni, le scelte tecnologiche, la riconversione ecologica delle industrie più energivore, la riduzione dei rifiuti, il cambiamento del peso del trasporto individuale e su gomma.
Ci proponiamo di elaborarlo con il concorso più ampio delle popolazioni, sottoponendolo al giudizio dei cittadini, anche attraverso la presentazione di un progetto di legge di iniziativa popolare.
La nostra non sarà la sola iniziativa contro questa scelta sciagurata del Governo e quindi è nostra volontà coordinarci con tutte le altre strutture di mobilitazione, con le associazioni ambientaliste, con le persone del mondo della cultura e della scienza, con i sindacati, con le Regioni, con i Comuni disponibili.
Gli argomenti possono essere diversi ma ciò che conta è unire le forze sull’obiettivo comune di una nuova politica energetica e del NO al nucleare.
Berlusconi e i suoi ministri cercano di convincere che compiono questa scelta in nome della lotta ai cambiamenti climatici e per garantire energia abbondante e poco costosa al paese rafforzando anche la sua autonomia energetica.
Queste affermazioni sono entrambe false: il nucleare non serve né a combattere i cambiamenti climatici né a ridurre la bolletta energetica del paese e per di più è un enorme consumatore di acqua, bene sempre più scarso.
Va quindi rifiutato per le seguenti ragioni:
1. l’uranio non è una risorsa né rinnovabile né sostenibile, limitata nelle quantità e nel tempo, che per di più ha visto i suoi costi aumentare in modo vertiginoso.
2. non è affatto senza emissione di CO2 perché ne produce per l’estrazione del combustibile, durante la costruzione della centrale e nella fase del suo smantellamento.
3. nessuno dei problemi segnalati dalla tragedia di Cernobyl è stato risolto e quindi il nucleare civile continua ad avere problemi di sicurezza per le popolazioni non risolti anche durante il funzionamento ed un enorme impatto ambientale legato alla produzione di scorie radioattive che inevitabilmente si accumulano nell’ecosistema e graveranno sulle future generazioni per migliaia di anni. Va ricordato che in presenza di impianti nucleari è obbligatorio un piano di evacuazione delle popolazioni in caso di incidente grave, con l’abbandono di ogni attività, con pesanti restrizioni per le persone come vivere sigillati in casa.
4. espone il mondo a rischi di proliferazione delle armi nucleari e al terrorismo, del resto questo è l’argomento che viene portato contro l’Iran poiché la tecnologia in uso è stata pensata per produrre plutonio e la generazione di energia elettrica ne è un sottoprodotto.
5. non è in grado di risolvere né il problema energetico né quello del cambiamento climatico, infatti le risorse di uranio, già oggi scarse, non sarebbero sufficienti di fronte ad un aumento ulteriore della domanda ed è quindi inutile sperare di aumentare la capacità installata in maniera tale da coprire una quota significativa della nuova domanda di energia, né di sostituire la quota fossile.
6. ha dei costi economici e finanziari diretti ed indiretti troppo elevati che in realtà gravano sulla società e sulle finanze pubbliche e inoltre è una tecnologia che usa e spreca enormi quantità d’acqua.
7. comporta un modello di generazione di energia centralizzato, basato su centrali di elevata potenza, che non garantiscono sicurezza e tanto meno assicurano il diritto all’energia diffusa nel territorio. Infatti il nucleare è un modello che richiede sistemi di gestione autoritari, centralizzati ed antidemocratici . Non a caso le centrali nucleari civili vengono considerate come gli altri siti energetici alla stregua di siti militari.
E quindi irrealistico pensare di uscire dai fossili rilanciando il nucleare, anzi in Francia una massiccia presenza del nucleare (78%) si accompagna ad un consumo pro capite di petrolio maggiore che in Italia.
Uscire dal petrolio e dalle energie fossili e non rinnovabili senza il nucleare si può.
E’ matura, tecnologicamente ed economicamente, una scelta energetica a favore del risparmio energetico e delle energie rinnovabili che un programma di incentivi pubblici e l’utilizzo della leva fiscale possono e devono promuovere.
Il paese può e deve essere più efficiente e non sprecare energia.
Questo è il primo obiettivo che ci proponiamo. Si calcola che metà dei consumi energetici italiani sono in realtà sprechi derivanti da usi poco razionali ed inefficienti dell’energia. Si può puntare molto in alto con il risparmio energetico, fino a risparmiare il 50% dell’energia oggi usata per garantire i servizi di illuminazione, riscaldamento, rinfrescamento, mobilità, usi industriali. Sono necessari interventi per aumentare l’efficienza dell’uso dell’energia e per correggere gli sprechi, sviluppando politiche di sufficienza diffusa nel territorio può portare a ridurre i consumi di energia, pur mantenendo standard elevati di vita, e per questo occorre puntare a risparmi significativi sia per il sistema economico che per il rispetto degli impegni di Kyoto, peraltro già oggi insufficienti di fronte ai cambiamenti climatici.
E’ possibile e realistico puntare all’obiettivo di procurare al paese gran parte dell’energia che gli è veramente necessaria attraverso le fonti rinnovabili.
Lo si può fare, come dimostrano le esperienze di molti paesi, Germania e Spagna in particolare incentivandone l’installazione diffusa con lo strumento del “conto energia” che ha dimostrato nei paesi che l’hanno adottato di funzionare e aumentare notevolmente la capacitaà rinnovabile installata.
Sono due strade alternative:
quella del Governo non garantisce autonomia energetica al paese è antidemocratica, costosa, pericolosa per la salute delle persone e l’ambiente, oltre che poco utile per ridurre le emissioni climalteranti e ci isola dall’Europa.
La politica energetica da noi indicata invece riduce la nostra dipendenza energetica, sviluppa la ricerca e l’innovazione nelle attività produttive, fornisce i servizi energetici usando fonti rinnovabili (un barile di petrolio corrisponde ad un metro quadrato di pannello solare) che non alterano il clima e che sono diffuse sul territorio e quindi facilmente controllabili dalle popolazioni, oltre a promuovere un diverso sviluppo, creando nuova occupazione di qualità.
Questa è l’alternativa che proponiamo.
Sono queste le ragioni per cui decidiamo di promuovere un Comitato per il No al Nucleare e per il SI ad una politica energetica alternativa di risparmio e sviluppo delle fonti rinnovabili e per questo convochiamo un’Assemblea aperta a Roma lunedì 24 novembre, alle ore 14 presso il centro Congressi di via Frentani 4, aperta a tutti i contributi.
Roma, 11/11/2008
http://www.oltreilnucleare.it/index.php?
Iil testo dell'appello (reperibile anche al link http://www.oltreilnucleare.it/index.php
Considerazioni sulle Biomasse a uso energetico (Gianni Tamino)
Le biomasse utilizzabili possono essere costituite da residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale, da piante espressamente coltivate per scopi energetici (produzione di biodiesel o alcol), da residui forestali, da scarti di attività industriali (come i trucioli di legno), da scarti delle aziende zootecniche o dalla parte organica dei rifiuti urbani.
Per capire quando le biomasse agricole possono essere considerate sostenibili e rinnovabili è bene analizzare i flussi di energia. Le calorie contenute nei vegetali un tempo derivavano quasi esclusivamente dall’energia solare, salvo l’energia umana e animale utilizzata per il lavoro dei campi (comunque garantita dal cibo). Ma dopo la rivoluzione industriale, si cercò non solo di aumentare la superficie coltivata, ma anche di aumentarne la resa produttiva, impiegando altre fonti di energia oltre quella solare.
La Rivoluzione Verde, iniziata negli anni ’60, ha comportato, oltre ad un forte incremento di produttività, anche un notevole aumento di energia impiegata in agricoltura. Questa energia aggiuntiva non proviene da un aumento della luce solare disponibile, ma è fornita dai combustibili fossili sotto forma di fertilizzanti (petrolio e gas naturale, principale materia prima per la produzione di urea), pesticidi (industrie agrochimiche) ed energia fossile per la lavorazione del terreno, per i trasporti, per l’irrigazione, per le trasformazioni, ecc. Secondo Giampietro e Pimentel, la Rivoluzione Verde ha aumentato di circa 50 volte il flusso di energia, rispetto all’agricoltura tradizionale e nel sistema alimentare degli Stati Uniti sono necessarie fino a 10 calorie di energia fossile per produrre una caloria di cibo consegnato al consumatore. Considerando solo la produzione dei fertilizzanti, servono circa due tonnellate di petrolio (in energia) per produrre e spargere una tonnellata di concime azotato: gli Stati Uniti in un anno consumano quasi 11 milioni di tonnellate di fertilizzanti e ciò corrisponde a poco meno di cento milioni di barili di petrolio.
Anche in Italia, secondo una ricerca dell'ENEA compiuta nel 1978-79, considerando il rendimento energetico della sola produzione, il rapporto fra l'energia ricavata dal raccolto (output) e l' energia necessaria a produrre il medesimo raccolto (input) era inferiore ad uno ed è ragionevole pensare che tale rapporto sia peggiorato nel corso degli ultimi 25 anni.
Questi dati dimostrano anche che la superficie destinata all’agricoltura industrializzata non è in grado di assorbire la CO2, come potrebbe farlo un bosco o un prato di dimensioni equivalenti, perché la produzione agricola produce più CO2 di quanta possa assorbire; pertanto la CO2 prodotta dalla combustione delle biomasse non è compensata da quella asoorbita dalle piante.
Inoltre, dato il basso rendimento energetico delle piante (meno dell’1% dell’energia solare è trasformata in calorie nella biomassa vegetale) e i consumi di energia fossile per coltivarle, se si volesse coltivare piante come fonte di energia per gran parte dei nostri consumi, dovremmo avere a disposizione più pianeti Terra trasformati in coltivazioni energetiche (ovviamente distruggendo foreste e non producendo cibo!). A questo proposito Mario Giampietro, in un Convegno tenuto a Padova nel 2006, ha spiegato che per coprire il 10% dei consumi energetici italiani servirebbe una superficie tre volte superiore alla terra attualmente arabile nel nostro paese, che non produce eccedenze di cibo, ma anzi importa cereali dall’estero.
L’utilizzo delle biomasse va poi considerato rinnovabile se quanto è sottratto all’ambiente naturale o agricolo corrisponde a quanto nuovamente verrà riprodotto in quell’area: in un anno si possono togliere all’ambiente tanti quintali di biomassa, quanti in quell’anno l’ambiente riprodurrà o naturalmente o artificialmente (coltivazioni agricole o riforestazioni). Non è rinnovabile la deforestazione del sud del mondo o il disboscamento delle nostre montagne.
Gli utilizzi delle biomasse
Per quanto riguarda gli utilizzi energetici proposti per le biomasse, possiamo riferirci alla combustione di legname, paglia o oli vegetali per produrre calore e/o elettricità, all’impiego di carburanti di origine vegetale come il biodiesel o il bioalcol nei mezzi di trasporto o all’impiego di scarti industriali e/o rifiuti organici (trasformati in CDR, combustibile da rifiuti) nelle centrali termoelettriche e negli inceneritori. Ma oltre alla combustione possiamo avere altri usi energetici delle biomasse: ad esempio la trasformazione chimica, in appositi digestori anaerobici, del materiale organico in biogas, cioè metano da utilizzare per qualunque uso (produzione di calore ed elettricità o come carburante da trazione). Questa trasformazione è particolarmente efficace per tutti gli scarti e reflui di origine zootecnica, agricola ed alimentare.
C’è poi un’altra e, forse, più importante utilizzazione delle biomasse: la produzione di compost per l’agricoltura, cioè materiale organico opportunamente fatto maturare e mescolato alla terra per garantire il ripristino degli elementi nutritivi nei campi agricoli.
L’utilizzo principale delle biomasse dovrebbe essere simile a ciò che si verifica in natura: prima di tutto cibo, poi ripristino della fertilità del suolo e diretto utilizzo dei materiali (fibre tessili, recupero di sostanze utili ecc.). Pertanto risulta utile il recupero della frazione organica dei rifiuti urbani (purché sia stata fatta una adeguata raccolta differenziata), degli scarti delle industrie alimentari, dei mercati ortofrutticoli, delle mense ecc. per produrre compost da impiegare in agricoltura. Va bene anche la produzione dai reflui e dai liquami di biogas e fanghi stabilizzati, analoghi al compost.
Va invece valutata diversamente la coltivazione di piante a fini energetici, per produrre o biomasse da bruciare o combustibili come biodiesel o bioalcol: è infatti molto discutibile la sottrazione di suolo agricolo alla produzione di cibo per produrre prodotti energetici. Ad esempio, alcune ricerche hanno messo in luce che la superficie degli Stati Uniti destinabile alla produzione di biomasse è limitata e che lo sviluppo dell’energia basata sulle biomasse avverrebbe a spese della produzione di cibo. David Pimentel e i suoi collaboratori, come abbiamo visto, hanno messo in luce che le biomasse hanno una bassissima resa energetica, se si calcola tutto il ciclo produttivo e si fa un adeguato bilancio tra energia spesa ed energia ottenuta.
Può aver senso un uso limitato, soprattutto domestico, del riscaldamento a legna, ottenuta con la normale manutenzione agricola e forestale, senza intaccare il patrimonio boschivo, mentre è privo di senso l’utilizzo del territorio agricolo per ottenere biomasse come surrogati del petrolio. E’ assurdo pensare che le foreste possano supplire alla richiesta di energia necessaria al funzionamento di centrali termiche.
Impatti di una centrale elettrica a olio vegetale
Molti studi indicano l’impossibilità di approvvigionarsi di oli vegetali da un’area prossima alla centrale, una delle condizioni per valutare la sostenibilità (come chiarisce uno studio della Camera di Commercio di Padova dell’aprile 2007 dal titolo “Produzione di energia da Oli Vegetali”) e pertanto gran parte del combustibile sarà olio di palma, importato da paesi molto lontani, ottenuto da piante pluriennali, che vengono coltivate distruggendo foreste tropicali.
La produzione degli oli da piante oleaginose, come soia, girasole o colza, presentano bilanci energetici negativi, se fatti sull’intero ciclo di vita, dal campo alla centrale (dati di David Pimentel) e pertanto negativo è anche il bilancio della CO2. A queste considerazioni va aggiunto che la coltivazione di palme da olio assorbe circa un decimo dell’anidride carbonica assorbita dalla foresta originaria.
Una centrale a oli vegetali produce energia elettrica per combustione dell’olio in motori tipo diesel, con emissioni non molto dissimili da quelle che si sarebbero ottenute con gasolio. Infatti molti studi indicano che un motore diesel alimentato con oli vegetali ha un calo di prestazioni, un aumento delle concentrazioni di polveri sottili e di PM10, con aumento delle frazioni più pericolose, inferiori a 2 µm, un contenuto di IPA (idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni) di circa 2 volte quello del gasolio e un aumento delle concentrazioni di ossidi di azoto (studio realizzato nel 2002 dalla Provincia di Bologna).
Ma altre ricerche evidenziano la possibilità che si formino anche altri pericolosi composti che si diffonderanno nell’ambiente, come PCB e diossine, formaldeide e acroleina e infine ozono (tutte sostanze ignorate o sottovalutate delle aziende proponenti). L’ozono è un inquinante secondario che si forma in atmosfera a partire dagli ossidi di azoto, se le condizioni sono favorevoli, come quelle estive (smog fotochimico). La combustione di biomasse produce significative emissioni di ossidi d’azoto e quindi d’estate aumenterà la concentrazione di ozono, pericoloso per la salute.
Conclusioni
Dovendo far fronte da un lato ad una popolazione mondiale in crescita, che ha bisogno di cibo, e dall’altro a disponibilità sempre minori di fonti fossili, che comunque inquinano e comportano il rischio di cambiamenti climatici, l’agricoltura può contribuire alla domanda di energia se si evolve verso sistemi più sostenibili che:
migliorino l’efficienza energetica (ad esempio l'agricoltura biologica usa l'energia in modo molto più efficiente e riduce notevolmente le emissioni di CO2);
utilizzino fertilizzanti di origine organica (l'agricoltura biologica ristabilisce la materia organica del suolo, aumentando la quantità di carbonio sequestrato nel terreno, quindi sottraendo significative quantità di carbonio dall’atmosfera);
impieghino fonti energetiche rinnovabili e riducano la distanza tra produzione e consumo (filiera corta);
eventualmente utilizzino come biomasse ad uso energetico, per uso locale, gli scarti dell’attività agricola.
Biocarburanti
I sostenitori dei biocarburanti, ritengono che la loro diffusione garantisca una minore dipendenza dai paesi produttori di petrolio ed un ridotto impatto ambientale (in termini di emissioni di CO2 e di gas nocivi).
In uno studio recente, Giampietro, Ulgiati e Pimentel scrivono: “La produzione su larga scala di combustibili di provenienza biologica non costituisce un’alternativa all’uso corrente del petrolio e non è neanche una scelta consigliabile per sostituirne una porzione significativa”. Il biocarburante rappresenta infatti una perdita di energia netta, dato che richiede fino al 50% di energia in più di quella che si può ottenere dal prodotto stesso, in base ai dati di Pimentel e Patzek.
Inoltre, per valutare i vantaggi ambientali, dovremmo capire quale impatto avrebbe la trasformazione di vaste aree agricole e la conversione di altre zone, come pascoli o foreste, in produzioni di massa vegetale per biocombustibili. La perdita di biodiversità e l’impatto negativo sul ciclo del carbonio, nonché l’eccessivo sfruttamento di terre marginali con rischio di desertificazione, annullerebbe ogni ipotetico beneficio ambientale.
Ma soprattutto in un mondo dove la fame rimane una questione prioritaria e irrisolta, non si possono destinare le risorse indispensabili per l’alimentazione alla produzione di biocarburanti: non possiamo condannare a morire di fame parte dell’umanità per alimentare i Suv dei paesi più ricchi.
Tutto perfetto: brucio CDR, prendo le ceneri le trasformo in cemento e ne faccio costruzioni avvelenate: Bingo!!
Con un decreto del ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il ministero ha dato il definitivo via libera alla concessione dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l'incenerimento di 70mila tonnellate di Combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) nell'impianto "Andrea Palladio" della centrale a carbone Enel di Fusina, in provincia di Venezia.
"L'utilizzo di tecnologie innovative permetterà di sostituire 70mila tonnellate di Cdr, di alta qualità e certificato, ad un'equivalente quantità di carbone che prima veniva bruciato nella centrale – ha affermato Prestigiacomo -. In questo modo si raggiungono ottimi risultati: una notevole diminuzione delle emissioni di CO2 e l'eliminazione degli scarti, perché le ceneri saranno trattate, trasformate in cemento e quindi riutilizzate. Il tutto porterà a un risparmio annuo di 12 milioni di euro per i cittadini e le amministrazioni locali grazie alla corretta gestione del ciclo dei rifiuti. Insomma, si risolve un problema ambientale sia dal punto di vista ecologico sia da quello economico".
"La chiusura definitiva del procedimento amministrativo – ha detto ancora il ministro - è un importante passo avanti, anche perché è la prima volta che si concede l'AIA su un impianto esistente. I problemi sono stati maggiori rispetto a strutture di nuova generazione e i requisiti di controllo per il rinnovamento dell'impianto sono stati vagliati con la massima attenzione e in perfetta sintonia con gli enti locali".
Roma 26 novembre 2008