lunedì, gennaio 26, 2009

PROSSIMO APPUNTAMENTO

Comitati Riuniti Rifiuti Zero di Treviso e Venezia
e Rete Ambiente Veneto
con l’adesione dell’Ass.ne per la Decrescita Sostenibile di Treviso

Vi invitano all'incontro del 14 febbraio sul tema:

Una gestione sostenibile del ciclo
dei rifiuti industriali ed urbani
PER NON INCENERIRE IL FUTURO


giovedì, gennaio 22, 2009

L’ INTELLIGENZA INQUINATA

la stragrande maggioranza degli italiani non si è accorta che mentre si disquisiva su grembiulini, guinzaglio al cane e voti in pagella, l’attuale governo, senza -sia chiaro- incontrare la benché minima opposizione, ha dato il via libera alla privatizzazione dell’acqua con l’articolo 23 bis del decreto legge 133/2008. Ciò significa che è stato sancito per legge che nel nostro paese l’acqua non è più un bene pubblico, ma una merce e che la gestione dei servizi idrici può quindi essere affidata a imprese/società pubbliche, miste, ma anche totalmente private, ad es. alle stesse multinazionali che controllano il mercato delle acque minerali. Da anni voci coraggiose, come quella di padre Alex Zanotelli, sostengono che la privatizzazione dell’acqua a livello mondiale causerà milioni di morte per sete nei paesi più poveri ed è l’acqua, ancor più del petrolio, l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. 
Comunque in Italia gli effetti della privatizzazione si erano già visti: 
• in Toscana mentre il Comune di Arezzo primo in Italia a privatizzare il servizio idrico sta discutendo del ritorno ad una sua totale gestione pubblica, la “Publiacqua s.p.a.” ha aumentato il prezzo a carico dei cittadini, in seguito della riduzione dei consumi, al fine di mantenere lo stesso profitto
• nel Lazio “Acqualatina” (controllata da Veolia multinazionale francese) ha aumentato le tariffe del 300% e a chi protestava sono stati staccati i contatori… 
Ma l’esproprio di Beni Comuni non si è limitato all’ acqua, il 30 dicembre nel silenzio politico delle festività e grazie alla complicità di tutte le forze politiche, presenti e non, in Parlamento, con la legge n. 210 del 30 dicembre 2008 (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/08210l.htm)
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.2 del 3 gennaio 2009, sono stati riconfermati i vergognosi CIP6 agli inceneritori, con una spesa per i contribuenti valutabile in due miliardi di Euro l’anno. 
Nel dl 172 all’articolo 9 (incentivi per la realizzazione degli inceneritori) vengono infatti confermati gli incentivi (“Cip6”) all’incenerimento per la parte non biodegradabile dei rifiuti e per le cosiddette “fonti assimilate”. Gli incentivi Cip6 vengono concessi a tutti gli impianti in costruzione o entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2008. Vengono altresì confermati, in aggiunta, per una quota pari al 51%, gli incentivi sotto forma di “Certificati Verdi” a tutte le forme d’incenerimento (sia rifiuti tal quali, sia residui da raccolta differenziata che per il cosiddetto “combustibile da rifiuti”). Questo sia che si tratti di rifiuti non biodegradabili che biodegradabili. Anche questo nel più assordante silenzio dei media e nel più ampio e trasversale consenso di tutte le forze politiche.
Sarebbe utile che qualcuno ricordasse agli amministratori e ai politici che la comunità europea ha quantificato in modo molto preciso i costi dei danni all’ambiente ed alla salute derivanti da una qualunque fonte emissiva (costi esternalizzati http://www.externe.info/). Tali costi andrebbero pertanto sempre tenuti in considerazione per ogni insediamento produttivo/industriale. Aanche se questi "costi" in Europa sono – al momento - valutati da 3 a 5 volte meno che negli USA, è importante che finalmente si riconosca – nei fatti - che una centrale elettrica, una discarica, un inceneritore, un cementificio, ecc. provocano danni, che hanno oltre ad un costo in termine di sofferenza, anche costi economici ben quantificabili.
Ecco alcuni esempi del macabro "tariffario":
• Cancro (mortale o no): 2 milioni di 
• Morte prematura: 1 milione di €
• Valore di un anno di vita perso: 50mila euro 
• 1 punto di quoziente intellettivo perso ( a causa del mercurio ): 10 mila €
A titolo di esemplificazione ricordo che lo studio di Coriano aveva evidenziato, fra le donne residenti almeno 5 anni nel raggio di 3.5 km dagli inceneritori, un eccesso di morti stimabile in oltre un centinaio di casi: i conti sono presto fatti, oltre 200 milioni di Euro, ma qual’è il prezzo in termini di sofferenza e lutto per un familiare deceduto per un cancro evitabile? Chi potrà mai risarcirli?
Sempre a titolo esemplificativo ancora più recentemente http://wmr.sagepub.com/cgi/content/abstract/26/2/147 sono stati calcolati i danni economici che la combustione dei rifiuti arreca alla salute delle popolazioni: questi costi variano da 4 a 21 Euro per ogni tonnellata di rifiuti combusta, a seconda che ci sia recupero o meno di energia e dell’ efficienza di tale recupero; quindi, ovviamente, i danni arrivano anche con i tanto decantati impianti a recupero energetico.
Si può facilmente calcolare che un inceneritore da 120.000 tonnellate comporterà, ogni anno, danni variabili da 480.000 a 2.520.000 Euro!
Che senso ha, in un momento di crisi economica così grave, in cui tutti noi paghiamo le conseguenze di una finanza mondiale che ha mostrato il suo vero volto bancarottiere, orientato solo alla ricerca illimitata di profitto, perseguire in scelte che comportano costi tanto intollerabil per le popolazioni? Come è possibile che anche quando esistono soluzioni semplici e concrete ai problemi mai, o quasi mai, esse vengano accolte? Incentivare il risparmio di energia, di acqua e di risorse in generale, puntare non sul carbone ma su fonti realmente rinnovabili quali solare ed eolico, riciclare e recuperare i rifiuti e non bruciarli, porterebbe certo meno profitti a multiutility, lobbies e multinazionali, ma certamente più salute e benessere a tutti noi. Comincio a pensare che il genere umano, in particolare chi ci governa, risenta dei gravi danni alle funzioni intellettive che l’inquinamento, specie da Piombo e Mercurio, provoca. 
Suggerisco di stabilire dei nuovi "limiti di legge": richiedere l’analisi del quoziente intellettivo non solo agli amministratori e ai politici che perseverano in scelte scellerate, ma anche a chi continua a votarli

Cordiali saluti

Dott.ssa Patrizia Gentilini
Medico Oncologo ed Ematologo
Forlì 18 gennaio 2009

mercoledì, gennaio 14, 2009

Unindustria ed Arpav facciano il loro dovere invece di pubblicizzare gli inceneritori.

Unindustria dovrebbe pensare a una drastica riduzione dei rifiuti
speciali e per questo dovrebbero impegnare le energie e risorse per
l'acquisizione di tecnologie innovative che portino ad un riciclaggio
dei materiali prodotti e ad una riduzione dei rifiuti. Mentre ci
sembra evidente che Unindustria con i suoi inceneritori vuole fare un
business trasformando la Provincia di Treviso in un distretto dei
rifiuti.
Il semplice cittadino, da anni , è chiamato al senso di
responsabilità nella riduzione dei rifiuti e nella pratica quotidiana
della differenziata spinta, ragion per cui pensiamo che anche le
nostre industrie dovrebbero garantire una maggior attenzione nella
produzione di rifiuti.
Al momento non c'è nessun studio dell'Arpav che ipotizzi una
preoccupante situazione di smaltimento rifiuti per il 2011, esiste un
rapporto annuale sull'andamento dei rifiuti ordinari e speciali, ma
dal quale non si denotano scenari tragici per la nostra regione.
Quindi il continuo terrorismo psicologico innescato da Unindustria
Treviso, coadiuvato dalle dichiarazioni di Drago sulla stampa, non
aiutano sicuramente a pianificare, serenamente, un Piano rifiuti
speciali per il Veneto.
E' altrettanto anomalo che Unindustria continui a dettare l'agenda
programmatica in tema di rifiuti speciali per la Regione Veneto,
quando il consiglio regionale nel 2007 ha approvato una risoluzione
che impegna la Giunta a non concedere alcuna autorizzazione alla
realizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione o
incenerimento sia pubblici che privati e a predisporre un Piano per lo
smaltimento dei rifiuti speciali ed industriali con delle chiare
indicazioni.
In tutto questo non si capisce il ruolo del Direttore del Arpav, che
ricordiamo è un'agenzia regionale per la prevenzione e la protezione
dell' ambiente e quindi deputata alla vigilanza e al controllo
ambientale.
La pianificazione dello smaltimento dei rifiuti è di competenza della
regione Veneto, e quindi non capiamo le continue uscite sulla stampa
del dott. Drago in contrasto, tra l'altro, con le recenti
dichiarazioni dell' assessore Conta e di Galan che non hanno mai
parlato di emergenza rifiuti in Veneto.

Nicola Atalmi - Consigliere Regionale Comunisti italiani -

Venezia 13 genn.2009